
Ho conosciuto Federico in Instagram. Ci seguiamo vicendevolmente da un po’. Gli avevo già fatto qualche domanda perché mi incuriosiva, ma non avevo capito fino in fondo cosa si celasse dietro questo personaggio, che pare avere le giornate più lunghe di quelle di noi comuni mortali (72 ore?). Si perché il nostro amico è un medico di 36 anni, con una seconda laurea presa, con famiglia, la passione per la lettura e le lingue orientali….
Ma non vi spoilero troppo e condivido con voi la chiacchierata che abbiamo fatto.
Mi presento… mi chiamo Federico, ho 36 anni, sono sposato nonché felice papà di due splendidi bambini.
Di professione faccio il medico, ma da sempre, da quando sono piccolino, ho la passione per le lingue, in particolare per quelle orientali.
Ricordo che andavo a malapena alle elementari quando chiesi ai miei genitori dentro la Feltrinelli di comprarmi un manuale di grammatica sanscrita, richiesta che non fu esaudita. Ricordo che riuscii a farmi regalare una piccola grammatica di giapponese, ma da autodidatta a quell’età, si sa, non si fa granché, eppure avevo imparato rapidamente a leggere e scrivere in hiragana e katakana.
Il mondo della Cina lo iniziai a conoscere quando aprì un ristorante cinese proprio vicino casa mia, e c’è ancora. Ma della lingua cinese non sapevo nulla, erano gli anni ’90.
Poi durante il liceo, in un pomeriggio di primavera, insieme a una mia carissima amica prendemmo coraggio e andammo a chiedere in un altro ristorante cinese se potessero insegnarci qualche parola, qualche frase. Conobbi A Mei (non ho la più pallida idea di come si scrivesse, né tanto meno i toni), e per un po’ di tempo, prima che i genitori ci scoprissero iniziai a scrivere i primi ideogrammi.
Questa piccola finestra sul mondo della Cina si chiuse pressoché subito, perché dopo il liceo da Pescara mi trasferii a Bologna a fare Medicina.
Non ho mai smesso di incuriosirmi, di leggere, di conoscere, ma la lingua cinese per un po’ è stata accantonata tra le cose che un giorno – forse – avrei recuperato.
Fine estate 2020. Famiglia al completo, seconda laurea in scienze religiose presa, specializzazione medica ormai conseguita, riaffiora la voglia di studiare una lingua. Da dove iniziare?
Mi metto a navigare come uno psicopatico sui siti delle università di lingue, sono indeciso tra il giapponese e il cinese. Due mondi diversi, ma entrambi affascinanti.
Una cara amica mi scrive che all’Università di Lingue di Pescara, pur non essendoci il corso di lingue orientali, c’è una insegnante madrelingua cinese di Pechino che fa dei corsi, probabilmente integrativi per gli universitari. E la ricerca inizia a prendere una direzione… Contatto due insegnanti italiani di quella università che sembra si occupino di cinese mandarino, e mi danno il contatto di Xie Yi.
Il 20 ottobre vado a casa sua per la mia prima lezione di Cinese.
Il cinese in tre parole… mi piace cercare poche parole per descrivere le cose, per focalizzarne il valore, il peso, il fascino. Ma col cinese è assai complicata la faccenda. Potrei però dire: segreto, intuito, racconto.
Da sempre quando guardo una scritta in cinese, ovunque essa si trovi, mi sento come davanti a un tesoro di cui non posso decifrarne il senso. Come se mi trovassi davanti a un grande cancello di vetro dietro cui vedo chiaramente una bella casa con un giardino, una piscina, qualcosa di attraente ma che non posso superare. Quei caratteri così particolari nascondevano qualcosa pur essendo estremamente nitidi alla vista.
Intuito… studiando il cinese ho riscoperto il legame tra parole che in italiano sono distanti, tra concetti che a volte non consideriamo vicini, ma che i caratteri cinesi abbinano. A volte è proprio l’intuito che permette anche a chi non conosce ancora un determinato carattere, quantomeno di comprenderne il senso attraverso l’osservazione ad esempio dei radicali. E poi racconto… moltissimi caratteri in cinese raccontano una storia, sono la composizione di diverse figure che insieme danno un senso e una profondità diversa alla parola.
Per quanto ami l’italiano, ami l’immensa quantità di sfumature che la nostra lingua può avere sia nel parlato che nello scritto, i quadri che la lingua cinese compone con i suoi caratteri sono, per me chiaramente, pura poesia.
Insegnante + libro di testo. La scelta del libro di testo… Da quando avevo iniziato a cercare un insegnante di cinese mandarino mi ero posto il quesito: “ma nel frattempo rimango con le mani in mano?”.
Chiaramente da compulsivo nell’acquisto di libri – ho anche un profilo in Instagram di nome @5parolibri a riguardo – ho deciso, dopo la consultazione di diversi siti sull’argomento, di iniziare il primo volume Hoepli, (il Cinese per gli italiani) che poi la stessa insegnante di cinese a ottobre mi chiese di seguire. Fortunato, eh?
Avevo scaricato diverse app, ma personalmente le trovavo banali e poco utili dal momento che il cinese lo devi scrivere, oltre che leggere e ascoltare. E quando dico scrivere, credo possa capire solo chi lo ha studiato o lo sta studiando.
Quando a ottobre sono andato per la prima volta dalla mia insegnante di cinese avevo fatto da solo i primi quattro capitoli del libro, esercizi inclusi. Abbiamo iniziato con un bel dettato, e poi con la correzione degli stessi. Ricordo il suo sgomento davanti all’ordine completamente sbagliato nella scrittura dei caratteri. Però, mi aveva detto, nonostante tutto la grafia era molto bella.
Le nostre lezioni si sono succedute con una frequenza abbastanza irregolare: una volta ogni due piuttosto che quattro, piuttosto che otto settimane. Tutto dipendeva fondamentalmente dal lavoro, dai bambini, dagli impegni e dalle varie altalenanti restrizioni.
Io continuavo a scrivere e ricopiare, ascoltare e leggere ogni singolo capitolo del libro al ritmo di circa un capitolo a settimana. Ma da bravo ex studente di medicina, ogni volta riniziavo dal primo. Si, hai letto bene… arrivato al ventesimo capitolo ogni giorno riscrivevo tutto dal primo all’ultimo. E nonostante questo a volte dei caratteri ancora non li ricordavo.
E sono andato avanti così passando al secondo volume Hoepli, concluso a ottobre 2021, esattamente un anno dopo l’inizio, e attualmente sono al terzo volume, un po’ a rilento a causa del tanto lavoro.
Chiaramente ho utilizzato anche altri materiali, in particolare gli ebook della Mandarin Companion, soprattutto quelli del livello 2, insieme agli audiolibri. Leggere e fare il dettato e poi controllare di aver scritto correttamente, o semplicemente ascoltare e cercare di afferrare ogni singola parola è un esercizio che a volte faccio in macchina mentre sto guidando, e il traffico diventa un piacere, perché mi permette di passare più tempo con la mia passione.
Della Cina in realtà non so cosa mi piaccia davvero, e se mi piace davvero. Sono stato solo 4 giorni a Hong Kong come tappa intermedia durante il mio viaggio di nozze, quindi chiaramente non ho la benché minima idea di cosa pensare a riguardo. Ma sono più incuriosito dalla possibilità di leggere in questa lingua, che non di visitare la Cina. So bene che potrebbe sembrare una stranezza, però è la lingua che mi ha intrigato, e forse studiandola potrò poi comprendere meglio la cultura cinese e quindi apprezzare i luoghi che forse un giorno visiterò.
Per quanto riguarda il livello di conoscenza della lingua, bè, questo è un altro enorme enigma. Per adesso, non avendone necessità non sono interessato a fare un esame HSK, anche se mi piacerebbe a un certo punto testarmi con questo tipo di prova. Tuttavia, quando studio per passione e non per dovere, fondamentalmente del “pezzo di carta” mi interesso poco. Preferisco godermi il viaggio, senza avere una meta.
Lo studio del cinese attualmente è fatto di poche sessioni in cui mi dedico a scrivere e riscrivere e riscrivere il capitolo del manuale Hoepli che sto seguendo, perché ho davvero poco tempo, è alternato alla lettura di diversi articoli della rivista online di Cina in Italia, da cui spesso apprendo nuovi caratteri o nuove costruzioni che il manuale non presenta, ed è integrato da qualche serie televisiva Netflix (con sottotitoli in italiano perché in cinese non ci sono). Ma… c’è un ma… Disney Channel ha i sottotitoli in cinese! Quindi a breve credo che guarderò qualche cartone in cinese da lì. Diciamo che mediamente almeno mezzora al giorno comunque mi ci dedico, anche se il tempo ottimale per me è di almeno due ore. Quando dico almeno significa che in realtà se potessi stare lì a studiare otto ore consecutivamente lo farei. A volte le lezioni con la mia insegnante durano cinque ore, perché vedendoci poche volte dobbiamo recuperare tutti i capitoli che ho fatto, e posso garantire che io ne esco fresco come una rosa, lei poverina davvero provata!
Tornassi indietro farei lingue orientali? No. Non farei lingue orientali, non farei nemmeno medicina credo. O forse si. Ma una cosa è certa, sfrutterei qualunque programma di studio all’estero (in Cina per esempio, ricordo che l’università di medicina di Bologna era gemellata con quella di Pechino o Shanghai) preparandomi con un corso di lingua privato, un po’ come sto facendo adesso, per poi apprendere la lingua sul posto, e magari prendendomi anche la certificazione in maniera più “naturale”. Ma ahimè, del “senno di poi son piene le fosse”, per cui va bene così. Spero però di trasmettere la passione per le lingue ai miei figli, perché arricchisce e dinamizza la flessibilità di pensiero, ti apre all’altro, ti pone il mondo in un’ottica diversa, e credo che questo sia un valore aggiunto dal punto di vista umano che oggi sia di grande importanza.
In realtà avevo semplicemente saltato tutta la parte introduttiva del libro di testo, mi ero tuffato nell’ascolto del cd e nel ricopiare ossessivamente i testi. Dell’ordine dei tratti sapevo qualcosa, ma mi sembrava secondario, o quantomeno non necessario. Poi però avevo osservato le correzioni che mi faceva l’insegnante sul mio quaderno: la sua scrittura aveva un non so che di perfetto, di elegante. I suoi tratti si incastravano senza dover tornare mai indietro, o girovagare a destra e sinistra. Mi ricordava un po’ la grafia di un mio “antico” penfriend del Kent, in Inghilterra, che aveva una grafia in stampatello minuscolo “pazzescamente” bella e sempre uguale.
Ci sono alcuni step da fare quando si inizia che sono imprescindibili, che ho spiegato e spiegherò. Riporto intanto il link alla Mappa per iniziare, uno strumento che prende per mano e guida chi inizia lo studio della lingua cinese da 0. Clicca qui per scaricarla gratuitamente.
Grazie Marta :)))
Allora attraverso la app “pleco” e il sito www.mdbg.net (dizionari di cinese con l’animazione della stesura del carattere) gradualmente, uno al giorno o al massimo due, sono entrato nella logica dell’ordine dei tratti, e lezione dopo lezione l’insegnante mostrava un viso sempre più disteso.
Riflettendo su questa piccola cosa, mi rendo conto di quanto, pur non volendo, le nostre sovrastrutture linguistiche e culturali si impongano sul nostro modo di apprendere una nuova lingua. Io ho avuto la fortuna da piccolissimo di studiare inglese con una maestra madrelingua per tanti anni, e ad oggi faccio difficoltà a tradurre un brano o una conversazione dall’inglese in italiano, mi viene automatico rispondere o comprendere quella lingua senza tradurla. Ma si tratta di una lingua che utilizza il nostro stesso sistema alfabetico, pur avendo una pronuncia diversa. Col cinese mi sono lanciato in picchiata nei dialoghi proprio perché la lingua ha un senso in un contesto. Imparare le regole grammaticali certamente ha senso, ma è pesante, avulso da un contesto, e soprattutto minato dalle tante eccezioni che ogni lingua possiede. I brani del primo volume della Hoepli non sono chiaramente né un romanzo, né un vero e proprio racconto. Alcuni capitoli sono stati per me di una noiosità mostruosa, eppure vuoi perché li ho ricopiati mille volte, vuoi perché presentavano frasi all’interno di un contesto ben preciso, a distanza di un anno me li ricordo ancora. Tuttavia, nel voler imparare subito frasi, caratteri, significati e strutture avevo messo in secondo piano l’aspetto dell’ordine dei caratteri, elemento estremamente importante per la lingua cinese. E devo essere sincero: la mia Xie Yi ha capito la mia “fame” nel voler sapere, non mi ha fermato, non mi ha rallentato, ma ha solo deviato la direzione del mio tragitto. Ormai, dopo un anno, non solo scrivere nel corretto ordine i tratti mi viene automatico, ma mi sembrerebbe assurdo farlo diversamente. E se vedessi qualcuno scrivere i tratti di un carattere in ordine sbagliato probabilmente mi si accapponerebbe la pelle!!! Se anche solo provo a immaginarlo provo un grande senso di nausea! Per cui a chiunque sia appassionato di una lingua, soprattutto se parliamo di lingue Orientali, ad oggi consiglierei un insegnante. Ma – perché c’è un ma – avrei qualcosa da dire anche agli insegnanti: ogni studente è diverso, ogni studente ha un tipo di memoria, un tempo da dedicare allo studio, una passione, un motivo che lo hanno portato a studiare quella lingua diversi.
Insegnare significa cucire un abito addosso a qualcuno: articoli di giornale, canzoni, serie televisive, romanzi (graded books) si possono utilizzare già dalla prima lezione. La gradualità è importante, ma se arriva la noia si spegne il fuoco dell’interesse, e si perde una occasione importante per imparare e per aprirsi al nuovo. Bisogna imparare a stupirli gli studenti. Poi gli studenti faranno il loro…
Grazie Federico della tua testimonianza. Quando parli delle sovrastrutture linguistiche, tocchi un tema a me molto caro. A volte si sottostima il peso che può avere il pregiudizio sull’approccio che abbiamo ad una nuova cosa da imparare. invece credo e lo ripeto sempre, che sia uno degli aspetti più importanti da cui iniziare. Quindi prima cosa il lavorare su di sé è fondamentale.
Poi concordo che l’insegnante deve saper toccare le giuste corde e costruire le lezioni su misura seguendo gli interessi, l’indole, le peculiarità di ogni studente.
Spero che questa intervista vi sia piaciuta e che abbiate trovato qualche spunto interessante. Se qualcuno di voi avesse voglia di raccontare come Federico, la sua esperienza mi farebbe estremamente piacere.